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Plastica nelle meduse dell’Isola di Ponza

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8 luglio 2018
in N- Ecologia, Sezioni
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Plastica nelle meduse dell’Isola di Ponza
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Le meduse vengono mangiate dai grandi pesci e potrebbero trasferire la plastica lungo tutta la catena trofica

Gli invertebrati sono la componente più abbondante della biodiversità marina, eppure, fino ad oggi per sole poche specie è stata documenta l’ingestione di rifiuti marini, ora lo studio “Episodic records of jellyfish ingestion of plastic items reveal a novel pathway for trophic transference of marine litter” pubblicato recentemente su Scientific Reports da un team di ricercatori di istituzioni scientifiche e università italiane e russe riporta per la prima volta la presenza di microplastica in una specie di meduse: la Pelagia noctiluca e sottolinea che «Questo nuovo target dell’inquinamento da plastica evidenzia un vettore poco studiato di rifiuti marini lungo la rete trofica marina, sollevando ulteriore preoccupazione sull’impatto sulla fauna marina».

Il team guidato da Armando Macali del Centro ittiogenico sperimentale marino (Cismar) e da Elisa Begami del Dipartimento scienze fisiche, della Terra e dell’ambiente dell’univerità di Siena e del quale fanno parte anche Semenov (università statale Lomonosov di Mosca), Venuti e Crupi (università di Messina), D’Amico e Rossi (Elettra Sincrotrone Trieste), Corsi (università di Siena), spiega che «L’impatto dei rifiuti antropogenici sugli organismi marini è in aumento» e che è già stato documentato per 233 vertebrati marini , mentre l’ingestione di plastica è associata a danni fisici come blocco intestinale, riserve energetiche ridotte, mancanza di appetito, potenziale tossicità a causa di sostanze persistenti, bioaccumulanti e tossiche (PBT) assorbite sulla superficie della plastica o rilasciate dalla matrice polimerica, come ftalati e ritardanti di fiamma, noti anche come interferenti endocrini.

Lo studio presenta le prime prove della presenza di rifiuti marini nella Pelagia noctiluca la specie più abbondante di meduse del Mar Mediterraneo ed evidenzia che «Come per la distribuzione di detriti di plastica, la dispersione di questa specie dipende principalmente dall’effetto combinato dei venti e delle correnti locali, concentrando questo organismo in regioni con un’alta concentrazione di rifiuti galleggianti». La medusa luminosa è un predatore opportunista che si nutre di zooplancton e di altri piccoli animali e che a sua volta rappresenta anche una fonte di cibo essenziale per predatori pelagici. Come il pesce luna e le tartarughe marine, ma anche per specie di interesse commerciale come il tonno rosso, il tonnetto alletterato, il pesce spada, pesce spada e il pesce azzurro, la maggior parte dei quali di interesse commerciale. I ricercatori italiani aggiungono che «Inoltre, è noto che le meduse forniscono un importante contributo di carbonio nelle comunità pelagiche e ai fondali marini dopo la senescenza delle fioriture. Pertanto, qualsiasi impatto dei rifiuti marini su questa specie potrebbe avere conseguenze sui suoi predatori e sulla produttività primaria marina a livello di ecosistema».

Durante la campagna “Aquatilis Eqxpedition” realizzata intorno all’isola di Ponza nel settembre 2016, sono stati trovati esemplari di P. noctiluca insieme a rifiuti galleggianti di origine antropica di diverse dimensioni, colore, forma e tipo e, e alcuni di questi materiali sono stati trovati intrappolati tra i lobi orali della medusa o trattenuti all’interno del loro ombrello, «Per quanto a nostra conoscenza – scrivono i ricercatori su Scientific Reports – finora non sono state riportate osservazioni simili per le meduse, sebbene le loro fioriture siano state osservate in regioni di accumulo di plastica. Sebbene sia stata studiata solo una piccola dimensione del campione, le osservazioni sul campo hanno mostrato una forte interazione tra P. noctiluca e spazzatura alla deriva». Per capire l’incidenza della microplastica su questi invertebrati, i ricercatori hanno raccolto 20 esemplari di P. noctiluca e in 4 erano presenti detriti di plastica all’interno della cavità gastrovascolare. La spettroscopia ATR-FTIR e Raman ha rivelato la presenza di due macroplastiche (> 1 cm) costituite da polietilene ad alta densità (HD-PE) e da un polietilene ritardante di fiamma (PE) (Figs) e da un frammento di vernice ricca di zinco. Probabilmente, la presenza di rifiuti marini nella cavità gastrovascolare delle meduse è dovuta all’ingestione attiva di questi frammenti scambiati per cibo: è ormai noto che gli organismi marini ingeriscono plastica perché la scambiano per un alimento o perché sono attratti dai composti organici aromatizzanti presenti sulla superficie della plastica.

Gli cnidari, ai quali appartengono le meduse luminose, catturano e si alimentano delle loro prede grazie a una sequenza di comportamenti chimicamente mediati e, a causa delle sue proprietà chimiche e fisiche specifiche, la plastica galleggiante può essere confusa per ibo. Il PE è uno dei principali polimeri prodotti in tutto il mondo e rappresenta il 52% dei rifiuti marini presenti nelle acque di superficie del Mediterraneo, di solito galleggia comportandosi come le prede delle meduse che così ingeriscono composti tossici. Inoltre, la Pelagia noctiluca può consumare in un giorno prede equivalenti a più del 50% del suo peso corporeo e, dicono ancora i ricercatorei «Questo aspetto supporta ulteriormente la nostra ipotesi di un’ingestione attiva di grandi frammenti antropogenici in P. noctiluca». E tudi su coralli hanno mostrato un tasso di ritenzione del 5,7% di microplastiche nel tessuto mesenteriale all’interno della cavità intestinale dopo 24 ore dall’ingestione, cosa preoccupante, visto che di solito gli antozoi si sbarazzano delle particelle non alimentari in media in 50 minuti. I ricercatori dicono che «Il tempo di permanenza della plastica potrebbe essere correlato al polimero, alle dimensioni e alla forma, e sono necessari ulteriori studi per chiarire il destino della plastica ingerita dagli Cnidaria».

La biomassa dello zooplancton gelatinoso nella regione epipelagica del Mediterraneo varia solitamente tra 1-10 kg per 100 m3 , con la biomassa di P. noctiluca che arriva fino a 24 kg 100 m3. Alcuni studi suggeriscono che le meduse rappresentano tra il 30 e il 60% della dieta del tonno rosso, quindi, si legge nello studio, «Un’importante quantità di rifiuti marini può essere trasferita attraverso meduse ai predatori pelagici», Ma i grandi i pesci non sono in grado di consumare tutte le meduse di cui hanno bisogno in un singolo pasto, quindi è possibile che consumino continuamente plancton gelatinoso e pezzetti di plastica.

I ricercatori italiani e russi concludono: «I nostri risultati evidenziano la vulnerabilità delle meduse all’inquinamento da plastica che viene trovato sospeso nella colonna d’acqua e trasportato attraverso le correnti. La capacità delle meduse, e in particolare di P. noctiluca , di interiorizzare macroplastiche a bassa densità e altri detriti antropogenici porta a una reinterpretazione dell’impatto dei rifiuti marini sui loro predatori comuni, che precedentemente si pensava che confondessero solo per prede le materie plastiche galleggianti. Qui, ipotizziamo che le meduse possano fungere da vettori della plastica lungo la catena trofica marina, suscitando ulteriore preoccupazione sull’impatto della plastica sugli organismi marini. Sono necessari urgentemente ulteriori studi per comprendere qualsiasi effetto potenziale per questa specie e la reale portata del trasferimento trofico di detriti di plastica».

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