Durante il nostro secondo soggiorno a Johannesburg, la più grande città della Repubblica
Sudafricana, rivediamo un’amica del vicino Botswana, conosciuta la scorsa estate a Gaborone, la
capitale. Allora lavorava, a tempo pieno, per poco meno di 200 euro al mese, ora non più ed è in
attesa di un’altra occupazione. “Era un lavoro a termine” ci spiega, e per lei che ha 26 anni era il
solo disponibile. Una realtà che molti ragazzi italiani conoscono. Masedi (il suo nome significa
“tante luci” in lingua indigena) vive in un paese, il Botswana appunto, che il mondo quasi non
conosce perché ha solo due milioni di abitanti, ma in un territorio che è quasi due volte l’Italia e
nonostante sia uno dei paesi più ricchi ed evoluti dell’Africa, grazie ai buoni governi che si sono
succeduti dal 1966, l’anno dell’indipendenza dal Regno Unito, ad oggi. La risorsa principale del
paese, i diamanti, si sta esaurendo, il paese si trova quindi a un passaggio cruciale per il suo
futuro, ma le risorse ottenute non sono state dilapidate e non hanno alimentato la corruzione come
sta tuttora avvenendo in molti paesi africani, e i risultati si vedono. Masedi è venuta da sola a
Johannesburg (o Jo’burg, come viene chiamata comunemente), segno di una ragazza coraggiosa
e determinata, ma anche di una famiglia dalla mentalità aperta che ne favorisce le esperienze.
Approfittiamo della sua presenza per rivolgerle alcune domande. Non avendo visto bianchi quando
siamo andati nel suo paese, le chiediamo se anche da lei esiste il razzismo. Ci risponde di sì e che
comunque i bianchi ci sono, pochi ma occupano posizioni importanti. E poi, sottolinea, se un
bianco e un nero entrano in un negozio, il primo viene trattato nettamente meglio.
Ha una formazione universitaria in finanza aziendale (traduciamo così il termine accountancy),
forse da noi sarebbe una laurea breve ma per lei è durata cinque anni e, contrariamente a quello
che pensiamo, ci dice che il titolo non è poi tanto buono per trovare lavoro. Lo ha preso
all’Università del Botswana (quindi pubblica) al prezzo di quasi 4.000 euro l’anno, certo non pochi.
Vive con la sua famiglia in una piccola città di 50.000 abitanti (ma lei lo chiama “villaggio”),
soprattutto di ceto medio, a 13 km da Gaborone. Nel suo paese c’è la democrazia e attualmente
sta governando il Botswana Democratic Party.
Del suo paese sottolinea la storia pacifica, ma durante l’apartheid Mandela fu ospitato per un certo
periodo dal Botswana, che dovette subire delle ritorsioni dal Sudafrica. Nel contesto africano
spicca per questo e, come dicevamo, per il buon governo che, dal nulla, in 50 anni lo ha reso uno
dei più prosperi del continente africano. E invece dell’Europa e dell’Occidente pensa,
presumibilmente come la maggior parte degli africani, che il suo continente è povero a causa dello
sfruttamento che ha subito e che tuttora subisce. Magari fosse solo questo, pensiamo, ben
sapendo quanto sia complesso il problema del sottosviluppo.
Eppure Masedi si dice personalmente fiduciosa e ottimista per il suo futuro e per quello del suo
paese. E’ quello che l’Economist ha chiamato The Shifting of Hope, lo spostamento della speranza
dai paesi avanzati, dove si respira un maggiore pessimismo (si pensi all’Italia) e la fiducia nel
futuro che permea i paesi emergenti. Vorrebbe lavorare per quello per cui ha studiato, mentre per il
suo futuro personale non mette famiglia e figli come priorità, almeno per adesso, perché vorrebbe
viaggiare e fare altre esperienze. L’anno scorso ci aveva detto di non essere credente, come
diversi suoi amici del resto, eppure la domenica va in chiesa. Individuo e ambiente.