La malattia del bacio
La mononucleosi infettiva, conosciuta come “la malattia del bacio” si manifesta in maniera simile all’influenza ed è tra le possibili cause della “sindrome da fatica cronica”
Catenaccio: “Colpisce uomini e donne, senza distin¬zione, ma le categorie più a rischio di essere con¬tagiate dalla ‘malattia del bacio’ sono gli adolescen¬ti di età compresa tra i 14 e i 18 anni e i giovani adulti fra i 30 e i 40 anni”
E’ un vero rischio per i gio¬vani innamorati, anche se il suo «spauracchio» non può nulla di fronte al desi¬derio di scambiarsi tenere effusioni.
Stiamo parlando della mo¬nonucleosi infettiva, me¬glio conosciuta come «ma¬lattia del bacio», un’infe¬zione causata dal virus di Epstein-Barr (o «EBV»). In alcuni casi, molte perso¬ne sono colpite dalla mo¬nonucleosi senza accorger¬sene e questo perché tale malattia si manifesta spesso in maniera simile all’influenza.
La mononucleosi è un’infezione che non ha una “sta¬gionalità”, non si concentra cioè in un particolare pe¬riodo dell’anno.
Colpisce uomini e donne, senza distin¬zione, ma le categorie più a rischio di essere con¬tagiate dalla «malattia del bacio» sono gli adolescen¬ti di età compresa tra i 14 e i 18 anni e i giovani adulti fra i 30 e i 40 anni. La maggior parte dei casi accertati di mononucleosi presenta risultati positivi ai test entro le prime tre setti¬mane dall’infezione, anche se non è escluso che si ab¬bia un risultato negativo anche in una persona infet¬ta, soprattutto nei bambini. Normalmente, la malattia si risolve nell’arco di 2-4 settimane, ma può anche
accadere che il decorso sia più lungo e che i sintomi provocati dalla presenza del virus nell’organismo si trascinino per mesi. Ciò comporta un fastidioso senso di malessere (qual¬che linea di febbre, conti¬nua stanchezza) nella per¬sona interessata.
Inoltre c’è la possibilità che una persona che abbia già sviluppato la mononucleo¬si rimanga un portatore cronico: risulti, cioè, per lungo tempo infettivo an¬che senza manifestare più i
sintomi della malattia.. Il trattamento della mono¬nucleosi infettiva dipende dalla forma in cui si svi¬luppa la malattia. Essendo dovuta a un virus, non esi¬ste un farmaco specifico per combatterla. Quando l’infezione si manifesta in forma leggera, cioè nel 90 per cento dei casi, viene curata come se fosse una normale influenza: si cer¬ca, pertanto, di attenuarne i sintomi ricorrendo a far¬maci sintomatici, per far scendere la febbre o placa¬re il mal di gola. E’ fonda-mentale, inoltre, che la per¬sona malata rimanga il più possibile a riposo.
Quando la mononucleosi infettiva è associata a com¬plicanze, può essere consi¬gliabile curarla con farma¬ci a base di cortisone, ma è bene ricordare che questa valutazione spetta sempre a un medico specialista, I casi in cui la mononucleo¬si provoca disturbi fasti¬diosi devono essere sem¬pre di esclusiva competen¬za dello specialista, perché la scelta dei farmaci da usare per la cura è delicata e deve essere mirata al ca¬so specifico.
Nelle manifestazioni più pesanti della malattia, cioè quando è indispen¬sabile una cura con cor-tisonici, vengono spesso usati farmaci antivirali a base di Aciclovir, soprat¬tutto se si riscontrano complicanze serie (come per esempio quelle di tipo neurologico) e se la mono-nucleosi è associata ad al¬tre malattie già in corso (per esempio, nel caso l’EBV colpisca una perso¬na sieropositiva).
Quando invece la mononu¬cleosi si sovrappone a una infezione causata da batte¬ri, viene spesso consigliato un trattamento con antibio¬tici, come per esempio l’Eritrocina. Infine, se la malattia provoca anche difficoltà respiratorie, vie¬ne talvolta consigliata una cura con un cortisonico co-me il Prednisone.
Un recentissimo e importante studio sulla mononucleosi infettiva ha evidenziato che la malattia può evolvere verso la Sindrome da fatica cronica (CFS) con una certa frequenza. Su oltre 150 pazienti con mononucleosi infettiva acuta seguiti nel tempo dal momento della diagnosi, si è riscontrato che dopo 6 mesi circa nel 10% dei casi persistevano sintomi suggestivi di CFS. Comunque non è escluso che intervengano fattori predisponenti, in particolare stimoli comportamentali o familiari.
La Sindrome da fatica cronica (CFS) è una patologia debilitante caratterizzata da profonda stanchezza o fatica o sfiancamento, senza che alcuna malattia conosciuta venga individuata come responsabile, e la cui causa, meccanismo di insorgenza e trattamento, stimolano un intenso dibattito nella comunità medico-scientifica, e non solo, ma anche nei media, tra i pazienti e i loro familiari.
Proprio a causa di queste peculiari caratteristiche, la CFS viene abitualmente diagnosticata per esclusione.
La causa della CFS non è ancora stata identificata, ma esistono varie teorie. L’ipotesi virale. Si basa sul fatto che all’esordio della CFS vi è spesso una infezione virale, per e la mononucleosi rientra tra le possibili cause. Vi è anche la possibilità che un singolo agente infettivo, non ancora identificato, provochi di per sé la CFS, anche se quest’ipotesi gode oggi di poco credito tra i ricercatori.