Per di più, in Spagna il governo Sanchez ha deciso di infischiarsene del limite del deficit 3% per varare quella che Marcello Minenna (economista) chiama “una manovra espansiva col botto” in deficit: aumento delle pensioni di vecchiaia, fissare un salario minimo, aumentare i sussidi di disoccupazione, benefici di maternità pagati e obbligatori, nuove assunzioni di pubblici dipendenti”. Anche lì la Confindustria locale piagne che queste creerà disoccupazione, che il debito pubblico è già il 115% del Pil, ed altri strilli. Ma Sanchez è ispirato all’esempio del Portogallo, il primo ad aver sfidato coloro che dicono che “austerità è la risposta alla crisi del debito in Europa”. Da 2015, il governo socialista-comunista ha messo da parte le misure di rigore imposte dai creditori (un “salvataggio internazionale” ha prestato a Lisbona 78 miliardi di euro, e per farseli restituire i creditori hanno imposto le misure di austerità); ha impedito tagli salariali, aumentato le pensioni e la sicurezza sociale, offrendo nello stesso tempo incentivi agli imprenditori nazionali con crediti fiscali e capitali di sostegno alle piccole-medie imprese; ha persino riportato le ferie pagate alla durata di prima della crisi. Nella psiche collettiva dei portoghesi, è tornata la fiducia, scrive il New York Times:“il rinnovamento è visibile. Hanno aperto hotel ristoranti, negozi per l’aumento del turismo che ha dimezzato la disoccupazione; in una vecchia e derelitta fabbrica militare è nato un mega-campus dove Bosch, Mercedes e Google impiegano migliaia in ricerca e sviluppo digitale; la francese Mecachrome, attratta da incentivi dello Stato e da prestiti UE, ha aperto a Evora una fabbrica di parti di aereo – evidentemente impiegando giovani qualificati che altrimenti sarebbero (o erano) emigrati. “Ciò che è accaduto in Portogallo mostra che troppa austerità aggrava la recessione creando un circolo vizioso”, dice il primo ministro Antònio Costa: “Noi abbiamo puntato sulla crescita, e più occupazione e di migliore qualità”. I problemi del paese non sono certo risolti, ma il governo si può permettere di ridurre il deficit annuo ben sotto il 3%, ossia l’1%, mentre nel 2015 quando prese il potere il deficit era al 4,4% , ed in passato era stato anche al 9%.
https://www.nytimes.com/2018/07/22/business/portugal-economy-austerity.html
Il rischio è che i piddin-berlusconiani, facendo cadere questo governo per consegnare il potere a qualche curatore fallimentare ordinato da Bruxelles, Berlino e Parigi, perdano criminalmente l’occasione portata da questo nuovo clima di ripensamento dell’austerità – condannando gli italiani ad altri decenni di miseria, disoccupazione amministrazione controllata. Non c’è da dubitarne. L’economista Alessandsro Del Prete riporta che nel gennaio 2014, l’onorevole Giampaolo Galli, PD e pure economista (bocconiano, naturalmente) dichiarava in parlamento: “Sia messo agli atti che sono assolutamente orgoglioso di far parte di un gruppo parlamentare che ha votato per il MES, per il fiscal compact e per l’equilibrio di bilancio. Senza quel voto non ci sarebbero stati gli interventi della BCE che hanno contribuito in maniera decisiva a salvare l’Italia. Senza quel voto la crisi economica e sociale del paese sarebbe cento volte più grave”. Rivendicando con ciò orgogliosamente il programma che ci ha rovinato.