Il contesto internazionale che prelude il probabile quanto imminente conflitto nell’ area orientale diviene sempre piu’ instabile per il progressivo aumento del numero degli Stati che in qualche modo hanno interesse ad alimentare la tensione. L’ area che ribolle di fermento è in effetti, molto vasta poiché si delinea in modo sempre piu’ netto il tentativo di alcuni leaders politici orientali di coinvolgere nell’ imminente probabile conflitto tra USA e Iraq anche altri stati che sicuramente reagirebbero in modo energico ad attacchi bellici anche se palesemente concepiti proprio per allargare il teatro di guerra; su questa escalation profetizzano i così detti “pacifisti” nostrani, ovvero, quella parte di opinione pubblica occidentale che per ragioni antiamericane od altro, tra cui il timore di ritorsioni, è convinta di trovarsi di fronte ad un rimedio peggiore dello stesso male. In effetti, gli USA in caso di conflitto, rischiano un’ accerchiamento sul fronte iracheno ed un isolamento su quello interno e soprattutto in Europa a causa degli Stati che si dichiareranno estranei, escludendo naturalmente il fedele alleato di sempre, ossia il Regno Unito guidato da Tony.Blair
La guerra contro il terrorismo invocata dagli USA come “during freedom” sta in effetti, divenendo una guerra definita “asimmetrica” per la potenziale defezione di alcuni Stati della alleanza atlantica che non condividono interamente la politica americana di fermare con la guerra e la ”presunta” corsa agli armamenti di distruzione di massa dell’ Iraq .
L’ attacco come miglior difesa
A questo punto anche la Corea del Nord in modo esplicito prende posizione contro gli Usa e i suoi alleati. La recente espulsione degli Ispettori dell’ ONU dalla Corea ed il rientro in patria degli Ispettori coreani dall’ Agenzia dell’ ONU della Energia Nucleare a Vienna, è una chiara rottura degli impegni internazionali assunti dal regime di Pyongyang sul divieto di ricerca nucleare. La Corea del Nord, uno degli ultimi baluardi del comunismo, è annoverata dagli Usa tra i così detti “stati canaglia” ed ora potrebbe utilizzare i propri impianti per la produzione di energia nucleare nella realizzazione di armi atomiche. Secondo gli esperti del settore, sarebbe sufficiente un solo un mese per ottenere un’ arma di questo tipo; secondo altri, si teme che al momento Pyongyang già possieda alcune armi nucleari anche se di limitata potenza.
La crisi dei rapporti tra Corea e USA avviene a seguito della rottura dell’’ accordo sottoscritto nel 1994 tra i due Stati per bloccare alcuni impianti di ricerca nucleare in Corea in cambio di fornitura di petrolio greggio americano. Gli Usa però, che in special modo in questi ultimi tempi non confidavano nella buona fede dei coreani, ritenevano che questi portassero segretamente avanti un programma di ricerca atomica per scopi bellici.
L’ occasione della rottura è avvenuta con la sospensione delle forniture di greggio alla Corea a seguito della dichiarazione del Segretario di Stato USA Kelly il quale riferì che i coreani avevano confessato piani strategici sulle ricerche nucleari.
La contromossa di Pyongyang che non si è fatta attendere non appare neppure forzata, in quanto sulla base di necessità energetiche industriali, il complesso nucleare coreano di Pyongyang verrà riaperto.
Appare evidente che Cina e Russia sono molto preoccupate dell’ evolversi della situazione, mentre l’ intransigenza della Corea sulla sua decisione lascia chiaramente intendere che sarà ripercorsa la via degli armamenti nucleari con la conseguenza di serio pericolo per tutti ed in special modo per gli Stati limitrofi.
L’ impegno di Washington nella preparazione della guerra contro l’ Iraq, è abbastanza oneroso anche sotto il profilo strettamente economico in quanto l’ efficacia dei sofisticati e costosi armamenti che saranno impiegati rappresentano la chiave del successo nel tempo indispensabile minimo all’ America per neutralizzare il nemico piu’ rapidamente possibile.
Secondo gli esperti di strategia militare, vi sono sostanzialmente due tipi di scenari che in termini di probabilità in caso di conflitto, vedono al 90% la Guardia Repubblicana di Saddam soccombere rapidamente mentre gli americani una volta entrati a Bagdad potranno insediare in luogo del governo iracheno una giunta militare ed esaurire questo modo la fase calda della guerra.
Il rapporto delle vittime in combattimento nei due fronti viene valutato in tale ipotesi in qualche centinaio di americani contro un numero dieci o venti volte piu’ grande tra gli iracheni.
Vi è però un’altra possibilità stimata al 10%: Saddam potrebbe lanciare missili a gas nervino su Israele che risponderebbe prevedibilmente in modo veemente e con armi altrettanto non convenzionali, non escluse le testate nucleari; a questo punto, il numero delle vittime salirebbe vertiginosamente ed il conflitto potrebbe incendiarsi.
Gli USA ritengono che sarà la prima ipotesi a prevalere ma che qualora necessario, sono militarmente e psicologicamente preparati a sostenere l’ urto delle armi anche non convenzionali.
Gli schieramenti dell’ ultima ora
Tra i fattori sorpresa, anche se poi non piu’ di tanto, vi sarebbe l’ entrata in conflitto della Corea del Nord a sostegno dell‘ Iraq; la qual cosa farebbe volare i costi dello sforzo bellico, soprattutto degli USA anche se questa circostanza rinsalderebbe i sentimenti della pubblica opinione occidentale e soprattutto americana in una vittoria piu’ voluta e piu’ esemplare.
D’ parte loro, i nordcoreani hanno già sperimentato che l’ escalation è la migliore strategia; strategia già adottata con successo nella Corea del Sud con la vittoria elettorale del Presidente antiamemericano Rod Moo Hyunhao Yuin. che mira al dialogo ed alla cooperazione con il Pyongyong piuttosto che allo scontro.
Uno dei metodi usati dal regime coreano ridotto economicamente allo strenuo, per conservare il potere è quello della deterrenza delle armi mantenendo sempre attuale la minaccia militare ai propri avversari; infatti, la produzione di armamenti impegna la Corea del Nord con ben il 28% del bilancio nazionale contro , ad esempio, appena il 3% della Corea del Sud.
Gli Stati Uniti però, difficilmente riusciranno a contenere la reazione di Pyongyang senza l’ alleanza della Cina e senza la concessione di basi militari da parte della Corea del Sud e del Giappone entrato nel raggio della gittata missilistica coreana; si tratta di piu’ di 500 missili, alcuni dei quali potrebbero essere equipaggiati con testate fuori convenzione, di tipo chimico o batteriologico.
Se il conflitto sarà vinto dagli USA senza soverchi problemi, le stime dei costi che l’ Occidente dovrà sostenere durante le operazioni belliche oscillano intorno ai 120 miliardi di dollari; se il conflitto troverà, invece, difficoltà nel suo piano strategico e quindi il tempo d’ intervento si protrarrà oltre il previsto, il costo potrebbe salire fino a oltre 10 volte, con grande sacrificio di tutti mentre il petrolio potrebbe raggiungere dagli attuali 30 dollari al barile, gli 80 dollari con gravissimo disagio dei Paesi petroliodipendenti tra cui l’ Italia.
E comunque previsto in questi giorni un probabile accordo con la Russia per un aumento consistente forse di 1-1,5 barili al giorno di greggio che sicuramente contribuirà a calmierare i costi di mercato.
La “pelle dell’ orso”
Per quanto riguarda la ricostruzione dell’ Iraq nel dopo guerra sono previsti almeno 100 miliardi di dollari necessari a rimettere in piedi l’economia, gli USA hanno già approntato il piano di ricostruzione denominato Aftermath che prevede un anno e mezzo di massiccio presidio sul territorio e amministrazione civile ONU nonché l’ utilizzo delle risorse petrolifere irachene per i soccorsi alla popolazione e la riedificazione delle infrastrutture distrutte oltre naturalmente con una nota a parte, qualcuno presenterà a bocce ferme come sempre accade, il conto di guerra.
Per il momento non sono i conti del genere a destare grande preoccupazioni degli USA ma le difficoltà occidentali in questo teatro di guerra sembrano destinate ad aumentare. La stessa Corea del Sud secondo le circostanze potrebbe avvalersi del dissidio Usa con Pyongyong -non dimentichiamo il Presidente antiamericano Rod Moo Hyunhao- per avvicinarsi ai “fratelli separati” del Nord negando ad esempio le basi militari alle forze Nato prima od ancor peggio, durante il conflitto in funzione degli eventi bellici.
Da parte occidentale ed in particolare degli USA, non mancherà il ricorso diplomatico ai maggiori parteners coreani, Russia e Cina con missioni di persuasione presso Pyongyang per convincere i coreani a rinunciare al programma nucleare ma soprattutto ad astenersi dall’ imminente conflitto iracheno nell’interesse di tutti. Il fronte dello scontro con l’ intervento del regime di Pyongyan potrebbe, infatti, estendersi fuori dell’Iraq, ed essere tale da determinare la distruzione della Corea del Sud oltre a gravi danni al Giappone e alla destabilizzazione di parte della Cina e della stessa Russia, già gravata da conflitti interni.
La posizione della Russia
Difficilmente potrà immaginarsi di qui in avanti qualche distrazione di troppo della Russia impegnata su piu’ fronti terroristici di rilevanti proporzioni anche nel momento di massima allerta per le vicende internazionali; di differente avviso sembrano, invece, gli avversari interni che potrebbero avvalersi della tensione internazionale per indebolire con atti terroristici l’ autorità di Mosca sulla Cecenia.
Il clima che attualmente si sta istaurando nella stessa Cecenia non lascia sperare nulla di buono se non saranno unite le forze anche da parete dei governi delle maggiori potenze mondiali in una comune battaglia contro il terrorismo internazionale.
La recente strage al Parlamento ceceno secondo il comandante dell’ unità antiterrorismo sul Caucaso, Colonnello Shabalkin è stata programmata dalle flangie locali della guerriglia con quelle del terrorismo internazionale denominato “fratellanza araba”, dietro finanziamento di alcuni “Stati arabi” volutamente non meglio specificati .
La sorpresa nell’ opinione pubblica russa è stata grande nell’ apprendere che non si è trattato di atto terroristico preparato in gran segreto ma del trasporto di una tonnellata di esplosivo in un camion con tre terroristi camuffati da militari ceceni dell’ esercito filorusso, muniti di regolari lasciapassare emessi dalle Autorità russe.
La strage di Grozny mette dunque in guardia chi crede di avere in pugno la situazione militare per il fatto di presidiare la zona poiché la “normale diligenza” non è sufficiente a vigilare sulla sicurezza del territorio se non si adottano contemporaneamente anche misure straordinarie atte fronteggiare un nemico invisibile quanto insidioso.
Di questo ne è convinto Vladimir Putin che ha promesso alla Russia il massimo impegno per venire a capo della situazione in tempi rapidi. Si tratta di un’ “asso nella manica”? Intanto è stato sostituito il Generale Troshev, ex comandante delle trippe in Cecenia; simile sorte sembra riservata anche al Capo di Stato Maggiore, Kvashnin. Se così è vedremo nei prossimi mesi qualche cambiamento strategico importante.
Ed intanto………
In questi giorni sulle bianche strade intorno a Grozny anche un branco di uccelli sarebbe avvistato degli innumerevoli posti di blocco dell’ esercito russo. Ciò tuttavia non è bastato per impedire il transito di un camion imbottito di tritolo e di un fuoristrada di scorta sfuggiti al controllo, non solo dei blocchi stradali ma anche alle cortine di uomini di guardia ai presidi politici piu’ rappresentativi della Cecenia, come lo stesso Parlamento ceceno.
Ecco quindi che la strategia americana di rovesciare i regimi dittatoriali e terroristici potrebbe rivelarsi alla fine una effimera vittoria se prevarrà dopo il conflitto il concetto razzista della affinità delle etnie per l’ appartenenza esclusiva e l’ appropriazione del territorio e non invece quello della volontaria cooperazione tra i popoli nella quale gli interessi dei singoli Stati al di là di religioni e di razze, concorrono a formare il progresso collettivo economico e culturale tra i cittadini del mondo.