Il nuovo semestre delle Borse è iniziato in un limbo tra l’ottimismo sfrenato di inizio anno e il pessimismo più nero degli ultimi mesi. Qualche invito degli analisti alla riflessione sui buoni fondamentali dell’economia e delle imprese inizia a sciogliere la ritrosia degli investitori e a generare sedute positive sui parterre. Però le incertezze sono ancora troppe, dall’esito della guerra dei dazi ai contrasti politici in Europa, tanto che le case di investimento consigliano di ancorarsi alle opportunità di guadagno più visibili, come i titoli di debito a breve termine, il petrolio o le valute rifugio come lo Yen.
Inversioni a «U» sui mercati
Fino a qualche mese fa, infatti, la paura più grande degli operatori era la compiacenza dei mercati – che essi stessi contribuivano ad alimentare -, cioè il fatto di essere posizionati tutto allo stesso modo: ottimisti sulle azioni e prudenti sulle obbligazioni, per via del rialzo dei tassi di interesse all’orizzonte. Con la scintilla dei dazi accesa da Trump la compiacenza ha girato in avversione, condannata comunque come eccessiva. Nonostante qualche sessione in recupero nei giorni scorsi, gran parte dei listini azionari resta in perdita rispetto ai picchi di fine gennaio, capitanati in retromarcia da Shanghai, sotto del 23% (oltre la soglia-limite di una fase-orso), Tokyo a -10%, L’S&P500 di New York a -4% e le Piazze europee sparpagliate tra il -0,6% di Londra e il -8% di Milano.
Solo le società del Nasdaq resistono a +2%, ma anche la speranza riposta nell’isola felice della tecnologia ha preso butti colpi.