(2-11.8.2018)
All’aeroporto di Antananarivo (che i residenti chiamano brevemente “Tana”, 1.700.000 abitanti), dopo aver
pagato il solito visto, questa volta di 35 euro, abbiamo notato subito due cose: il gran numero di italiani e la
gente del posto che ci assillava per il taxi (i tassisti sono più assillanti di quelli che abbiamo incrociato anni
fa ad Acapulco) e il cambio. C’era sempre qualcuno che ci seguiva passo passo, cominciando da chi voleva
subito prenderti il bagaglio. Una curiosità: lì abbiamo visto anche Vladimir Luxuria, che abbiamo solo fatto
in tempo a salutare. L’aeroporto è piuttosto lontano dalla città e il traffico notevole. Durante il tragitto
abbiamo visto una distesa uniforme di catapecchie, di poveri commerci, di una umanità che lottava per la
sopravvivenza quotidiana. Insomma, la prima impressione, confermata nei giorni successivi, è stata di
trovarci in un paese più povero del Mozambico. Qui i macchinoni e i suv sono rari, sono molti i mendicanti e
il turista (bianco) è continuamente assillato da gente che gli vuole vendere di tutto. Ci sono anche molti
bambini che mendicano, e ai quali noi evitiamo accuratamente di dare qualcosa. Quelli che lo fanno,
credendo di essere di buon cuore, si rendono complici e corresponsabili, insieme ai loro genitori, della loro
emarginazione. Se un bambino impara che mendicando ottiene qualcosa continuerà a farlo, e i genitori ne
trarranno vantaggio, trascurando la scuola o abbandonandola del tutto, rovinandosi il futuro.
Il Madagascar, 25.000.000 di abitanti su 587.000 kmq, quarta isola del mondo per grandezza, indipendente
dal 1960, è una ex colonia francese, l’Italia ha solo un consolato onorario e il malgascio, la lingua locale
appartenente al ceppo polinesiano, è caratterizzato da parole lunghissime, per noi difficili da pronunciare e
da decifrare. La sua moneta, l’ariary, è una delle più piccole unità valutarie del mondo: lo abbiamo
cambiato a circa 3.800 ariary per un euro. Per la nostra esperienza, in questo è battuta solo dal guaranì del
Paraguay, che a suo tempo cambiammo a circa 5.650 per un euro. Il clima di Tana è bello, anche perché ora
è inverno (ma sembra la nostra primavera) ed è a 1.200-1.500 m sul mare (la parte più antica e più bella è
Ambohimanga, e anche quella più alta).
A Maputo ci trovavamo piuttosto lontani dal centro, per cui alla sera (ricordiamo che siamo in Africa
australe, è inverno – ma è come la nostra primavera – e alle sei è già buio) non ci andavamo, quindi non
possiamo fare un confronto diretto, ma qui che siamo a due passi dalla Avenue de l’Independence, il centro
della capitale, vediamo una prostituzione diffusa e insistente di ragazze di ogni tipo. C’è un solo paese dove
abbiamo riscontrato una situazione analoga, ed è Cuba.
Al momento della partenza le nostre impressioni iniziali sono risultate più che confermate. Arrivati
all’aeroporto, appena scesi dal taxi siamo stati raggiunti da 3-4 ragazzi: uno voleva portarci la valigia, un
altro elemosinava e gli altri volevano venderci qualcosa. Le strade sono intasate da piccoli e poveri
commerci di ogni genere, dove il turista – specie di pelle bianca – è continuamente “invitato”, con varia
insistenza, a comprare qualsiasi cosa. Questa gente passa sui marciapiedi l’intera giornata e ci chiediamo
quanto possa aver venduto all’imbrunire. Molti camminano con le infradito ma alcuni, adulti e bambini,
non hanno nemmeno quelle. Diversi camminano con grandi pesi sulla testa, mentre altri spingono con la
sola forza delle braccia enormi carri carichi di ogni cosa. C’è una galleria forse di cento metri che collega il
centro al laghetto che ha il monumento ai caduti. Anche lì sotto abbiamo visto adulti e bambini bivaccare e
chiedere l’elemosina, respirando i micidiali gas di scarico di veicoli spesso vecchissimi. I bambini sono tanti
e si vedono donne che allattano ovunque (come a Quito in Ecuador), mentre gli uomini urinano
tranquillamente ai lati delle strade.
Il Mozambico non ci era sembrato così degradato. E la nostra visita si è limitata alle capitali, ci chiediamo
cosa dev’essere l’interno. Eppure i dati ufficiali sembrano contraddirci. I dati dello sviluppo umano pongono
il Madagascar davanti al Mozambico (158° posto contro il 181° – Human Development Report 2016 – siamo
comunque alle ultime posizioni nel mondo), ma con una importante differenza: mentre il primo ha fatto
scarsi progressi tra il 2000 e il 2015, il secondo ha raddoppiato l’indice tra il 1990 e il 2015. Evidentemente il
Mozambico ha saputo utilizzare meglio le sue scarse risorse. Un recente rapporto della Banca Mondiale,
citato da un giornale locale, prevede una crescita del PIL pari al 5%, dato di per sé molto positivo, ma
sottolinea anche gravi fattori di criticità, che costituiscono altrettanti freni allo sviluppo: un’agricoltura che
ha tantissimi occupati (l’80%) ma che, ciò nonostante, o proprio per questo, rimane a livelli di sussistenza
producendo solo il 29% del prodotto nazionale, un alto livello di corruzione e una criminalità estesa che
crea un clima d’insicurezza che, fra l’altro, scoraggia il turismo. L’articolo individua nella grande povertà (il
40% delle famiglie soffre di malnutrizione cronica) la causa della forte criminalità, ma anche questo
rapporto di causa-effetto, contrariamente a quanto ci si aspetterebbe, non è affatto scontato: il tasso di
omicidi è bassissimo, 0,6 per 100.000 abitanti, mentre l’Etiopia, altrettanto povera e il cui governo vanta la
bassa criminalità, arriva a 8. Infine ultimo, ma non per importanza, anche per il Madagascar si pone il
problema di uno sviluppo disuguale, che vede i più poveri beneficiare poco o nulla della crescita. Come se
non bastasse, l’isola è spesso colpita da calamità naturali.
Ai giardini pubblici di Ortana, non lontani dal centro, conosciamo Daniela, 23 anni, con un diploma in
materie scientifiche, ma che parla solo malgascio, e la sua amica Anissa, 27 anni e con un diploma in
materie letterarie, che fa anche da interprete. Entrambe hanno un figlio e cercano lavoro. Ci parlano del
razzismo che c’è tra malgasci della costa e dell’interno, a danno di chi ha la pelle più scura. E noi pensiamo
ai nostri rapporti fra settentrionali e meridionali. Devono avere molti problemi, eppure noi le definiremmo
“solari”. Anche nelle condizioni più difficili, abbiamo visto ragazzi divertirsi in un locale e bambini giocare
con quasi nulla. La vita conquista sempre il suo spazio.