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Home Le inchieste

I Mondiali di Calcio in Sudafrica, Mandela e … la “Commissione Piccoli”

… con, dietro le quinte, un certo Pio Maria Deiana …

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13 settembre 2018
in Le inchieste
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I Mondiali di Calcio in Sudafrica, Mandela e … la “Commissione Piccoli”
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I Mondiali di Calcio in Sudafrica sono da considerarsi un evento planetario, peraltro visto, via satellite, in tutti i continenti. Ci chiediamo se tanta pubblicità basterà a certificare il Paese che inventò l’Apartheid come il capofila della rinascita dei Paesi africani.

Basterà il carisma dell’ormai vetusto Mandela a rafforzare le speranze di un continente tanto antico quanto tormentato, ancora intriso di interminabili scontri tribali e con un progresso in fieri bloccato dalla corruzione dilagante …?

Abbiamo avuto la fortuna di essere presenti ad una cena tra vecchi amici che, fra una portata e l’altra, ricordavano avvenimenti passati … pregni di storia patria e internazionale.

Qualche spiegazione

Con Pio Maria Deiana ci eravamo già conosciuti anni fa e, nel 2003, ero stato con lui in Cina come addetto stampa delle sue società: la Janua Dei, la Progetto Cina e la GFTZ Norjad Investment Consultative Corporation che dovevano portare a termine, quell’anno, il più grosso contratto internazionale fra Italia e Cina relativo ad una ”Piattaforma polifunzionale per lo smaltimento di rifiuti speciali tossico nocivi” per cifre che superavano i 400 milioni di dollari.

Avevo poi seguito, e scritto articoli, sulla sua estenuante battaglia per avere riconosciuti i diritti su di un ulteriore e più antico progetto, relativo sempre allo smaltimento di rifiuti in Cina, che lo vedeva, e lo vede tuttora, in guerra con l’ex Ansaldo e il prof. Romano Prodi, secondo i legali di Pio causa di ”abbandono unilaterale di contratto” con effetti, descritti in una ponderosa perizia, di danni per svariati miliardi di Dollari.

In tempi ancora precedenti, Pio era stato direttore di un ristorante italiano a New York frequentato da gente di tutti i tipi: a volte capitavano attori e registi famosi, a volte pezzi grossi delle Istituzioni americane, avvocati, guardie e ladri, in un posto dove le guardie non sono marescialli di Ps ma agenti di F.B.I. e C.I.A. e i ladri non fanno parte della “banda del buco” e si chiamano, invece, Sindona, Calvi o Badalamenti, oltre a personaggi vari come l’autore del “Disobbediente”, notabili di Stati esteri rappresentati al Palazzo di vetro delle Nazioni Unite, politici italiani di passaggio e mafiosi residenti e non..

Capitò così, al nostro, di avere qualche “incarico speciale” per avvicinare politici africani in guerra tra loro, presentandosi magari come un imprenditore che vuole investire in quei Paesi … in cambio magari di una pace che potesse meglio supportare scambi economici ben più utili di guerre fratricide. E capitò, pure, di restare impigliato in mezzo ad interessi purtroppo più importanti di qualsiasi pace fra i popoli e di rimanere chiuso in un carcere in Namibia per mesi e mesi prima che il fratello ex partigiano ottenesse l’intervento di un Presidente italiano ex partigiano che inviasse gli elicotteri della Forza italiana di pace di stanza da quelle parti, oltre ad un ufficiale dei Servizi Segreti un po’ volpino, che provvedesse a riportarlo in patria prelevandolo da quel maledetto posto in cui si era cacciato, dopo essere evaso con altri quattro cubani e dove, forze nemiche ed amiche, sparavano tutti come matti, per fortuna ad altezza d’uomo e Pio si salvò grazie alla sua, invero piccola, statura o, come dice lui, per intercessione della Madonna di Fatima cui era fervente devoto. Ma questa è un’altra storia …

Così parlò Pio

Alla cena, a casa dell’avv. Giancarlo Rocci, Corina registrava, io prendevo appunti, la padrona di casa continuava a servire buonissimi manicaretti del posto, Rocci degustava un buon vinello locale, badando a riempire qualche vuoto di memoria del narratore e Pio raccontava … (Per fare entrare il lettore direttamente nel contesto della situazione, riporto la narrazione così come mi è stata raccontata)

…C’era Antonio Volpe, lui era stato uno degli artefici della mia liberazione, era un esperto. Ci eravamo incontrati a causa di una storia cominciata molto tempo prima, che avrebbe portato alla firma della pace fra il Sudafrica e l’Angola. Nel 1989, il 23 di dicembre, fu firmata, a New York, la pace. Il 26 ero arrivato a Luanda, il 2 sono stato sequestrato dall’Ambasciatore russo di allora, che aveva 10 anni di esperienza a Cuba. Amico personale di Gorbaciov, al quale ho raccontato il miracolo di Fatima. In quel tempo noi avevamo collaborato alla firma della pace fra il Sudafrica e l’Angola, poi però era rimasto in piedi l’Apartheid. Il muro dell’Apartheid, nonostante la firma della pace non lo voleva buttare giù nessuno e il Sudafrica era un parìa del mondo occidentale. Andreotti era Presidente della Commissione europea. A lui si era rivolto Flaminio Piccoli ma il divo Giulio gli aveva negato il “Placet”. Ma io ero nell’ufficio del Presidente della Commissione Esteri, insieme alla delegazione dei Democratici Cristiani della Namibia, costituendo Stato indipendente. Ed erano legate le cose, al punto che Flaminio Piccoli ha ricevuto i cristiano democratici. Ha intavolato rapporti con la delegazione della Namibia e li ha trasferiti in una via a fianco di palazzo Chigi, in un portone dove aveva sede la Democrazia Cristiana Internazionale. E li ha iscritti lì. Dopo di ciò la storia era diventata matura. Tutto scritto e mandato all’Ambasciata del Sudafrica, che aveva un Ambasciatore con un nome francese. Uno di quelli nobili, un sudafricano. Gli ho detto che il muro dell’apartheid si poteva rompere ma ci voleva qualcosa di particolare e i sudafricani mi hanno chiesto di intavolare qualche relazione che avevo, che potesse facilitare questa storia.

  1. Chi era il rappresentante sudafricano con cui trattavi?

C’era uno che si chiamava Ray Wilson.

  1. Dove hai trattato con lui?

A Roma, in via Taranto. Allora, io vado in Ambasciata e gli dico: mi do da fare io perché sennò non c’è mai una lira da investire. Sono andato alla DC ma Piccoli non poteva intavolare una conversazione con me. Allora abbiamo trovato un escamotage. Mi ha mandato dall’Avv. Giuseppe De Gori in via Trieste. Poi diventò il mio Avvocato.

D: Perché non poteva parlare con te? Per qualche precedente?

Non poteva perché Andreotti gli aveva proibito di fare questa cosa. Tant’è vero che quando l’Avv. Rocci è andato da Andreotti, a nome della prima segretaria che era sua zia, si è presentato ad Andreotti e gli ha detto: “Scusi sa, mia zia si chiama ….” E Andreotti: “Ma è la mia segretaria… sa c’è stata la faccenda del Sudafrica, la rottura del muro dell’Apartheid …” E Andreotti:” No, ma quello l’han fatto gli Americani”. E Rocci: “Ma l’ha fatto Pio Maria Deiana”. Ma Andreotti insisteva: “No, gli Americani”. Non voleva accettare che “Gli Americani” ero io.

Ci ho messo tre miliardi e mezzo di Lire, in tutto, ma ho portato ad un appuntamento con De Gori, all’Ambasciata del Sudafrica, Flaminio Piccoli, e io sono uscito con Ray Wilson dicendogli :”Vieni che ne parliamo tra noi”. Li ho chiusi in stanza da soli a parlare. Era la cosa più scema del mondo. L’Italia allora importava 2 miliardi all’anno di oro dal Sudafrica e ne esportava 2 miliardi e mezzo in gioielleria. Ce lo levi un 40% di profitto? Non si parlavano, c’era l’Apartheid ed il Presidente del Consiglio al Presidente della Commissione Esteri rispondeva “Non si può fare”.

Allora Flaminio mi dice “Non si può fare”. Ma io gli rispondo: “Faccia un pò il numero dell’Ambasciata sudafricana …”. Poi, sull’aereo, gli ho detto “God bless You”. E siamo andati giù in Sudafrica. Quando siamo arrivati …

  1. Ray Wilson e Piccoli quindi si parlarono?

Azz.. hanno fatto l’accordo. E Piccoli gli ha detto: “Porteremo i nostri affari in Sudafrica e porteremo in Italia De Clerk , il quale aveva sostituito il Presidente Guerriero con Pik Botha, il Ministro degli Esteri.

  1. Che tipo di accordo fu fatto?

… Che Piccoli avrebbe organizzato una Delegazione Multipartitica per il Sudafrica per concordare gli estremi della rottura del muro dell’Apartheid, a condizione che il Sudafrica gli facesse incontrare Mandela libero. Una volta arrivati a Johannesburg, lo Statista Flaminio Piccoli ebbe un successo politico, strategico, finanziario e sociale in un mondo dove nessuno era riuscito prima. Quella volta l’Italia arrivò per prima. Ebbe incontri al più alto livello, incontrò il Governo, il Presidente … ma, cosa più importante, incontrò Mandela libero …

  1. Fu liberato quel giorno?

Certo! Fu portato fuori, preparato all’incontro, un anno prima del termine di carcerazione. Piccoli fu accompagnato a Soweto, dove lo incontrò già libero in casa sua.

  1. Tu pure lo incontrasti?

No. Io ho pagato tutti i soldi serviti a facilitare la storia, eccetto i costi della Commissione … Ma Mandela non l’ho mai visto. Sono sempre rimasto 250 metri dietro o davanti … a facilitare le cose. Non ho mai avuto ambizioni di quel tipo. Ma ne ho avuto due riscontri: Il primo, quando Antonio Volpe ha incontrato Mandela in un albergo di Londra e gli ha detto: “Presidente, io ero nella Commissione che ha chiesto la sua liberazione..” Mandela ha mollato tutto il Corpo diplomatico e lo ha abbracciato… lui che è schizzinoso, viaggia coi guanti, quando devono dargli da mangiare sono problemi … si è staccato da tutti e ha abbracciato Antonio Volpe. Il secondo, quando io l’anno dopo mi sono sposato e sono andato con la Francesca a Washington. Prima ero andato a New York dai miei figli, poi avevamo proseguito per Washington … poi siamo andati nel Maryland e ci siamo sposati. Quel giorno, il primo caffè l’abbiamo preso da un Mac Donald sul confine. Poi ho telefonato al mio amico dell’Ambasciata sudafricana, Ray Wilson, che era stato nel frattempo trasferito per premio, come Primo Segretario, all’Ambasciata sudafricana di Washington.

“Ciao Ray … sono Pio, mondo cavallo e contadino, ti devo vedere. Dove sei?”. E gli dico:”Sono qui con mia moglie, mi sono appena sposato con la Francesca …”. Così Ray ci ha invitati a pranzo. Mi ha chiesto cosa piaceva a mia moglie e gli ho risposto che le piacevano le ostriche. Andammo a mangiare in un ristorante che si chiamava “ Point Charlie”, ordinai Don Perignon rosè e 24 ostriche per mia moglie. Ray poteva pagarne solo tre o sei massimo e mi disse che gli ci sarebbe voluto tutto lo stipendio per quel pranzo. Pagai io. Poi cominciamo coi ricordi e lui dice a mia moglie:”Io ero nel Think thank del Presidente del Sudafrica. Eravamo in 10, e controllavamo tutto quello che faceva Pio in Sudafrica, in Namibia, in Angola. Lo seguivamo giorno per giorno, in quanto stava facendo delle cose che erano assolutamente incredibili e non si capiva chi lo avesse mandato …”.

Io invece stavo tessendo la tela. P. W . Botha, non il Ministro degli Esteri, il Presidente. Tutti Boeri maledetti.

Ray ad un certo punto disse a mia moglie: “Francesca, non posso pagare questo tipo di pranzo, però posso farti un regalo: Forse tu non lo sai, ma La pace fra il Sudafrica e l’Angola si chiama: Pio Maria Deiana. L’indipendenza della Namibia, si chiama Pio Maria Deiana. La Liberazione di Mandela si chiama Pio Maria Deiana. Lo so perché è stata fatta nel mio ufficio da De Gori e Piccoli”.

Poi, Pio prosegue:

Io non l’ho mai detto perché nessuno me l’ha mai chiesto. Ma, ora che i Campionati del mondo di calcio si svolgono proprio lì, mi hanno fatto rivenire in mente tutti questi avvenimenti.

Quella sera poi, andammo alla serata organizzata dal N.I.A.F. La più importante organizzazione degli italiani negli USA. Quella mattina, presso l’Ambasciata italiana ci aveva fatto i complimenti il Ministro degli Esteri, De Michelis, che aveva detto a mia moglie:”Ah, tu allora sei la sorella di Gino Genise?” Già, perché mio cognato Gino era il capo dell’Ufficio Stampa di Bettino Craxi, che era stato eletto “Italiano dell’anno”.

Al ricevimento c’erano anche Barbara e George Bush e l’attore Silvester Stallone. Quella sera, il Vicepresidente del NIAF, dott. Stella, ad un certo punto, si è alzato in piedi e, ai 3500 italiani invitati, ha detto:”People, quest’anno c’e un avvenimento speciale. Abbiamo una coppia di sposini in sala, si chiamano Francesca e Pio Maria Deiana”. Tutti batterono le mani e, dopo la manifestazione, Stella ci ha invitato in un risorante dove c’erano anche i violini della Casa Bianca, ai quali tiravo banconote da cento dollari… L’ho fatta sviolinare dai violini della Casa Bianca … una cosa meravigliosa. Il giorno dopo eravamo sul Lago di Como, a Villa d’Este, perché dovevo incontrare …

Ma anche questa è un’altra storia.

Gabriele Ratini

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